Ancora lunga la strada per consentire un accesso ampio allo studio ed alle professionalità diffuse
L’Unione Europea ha sempre avuto la diffusione delle professionalità come obiettivo politico primario. Gli indicatori che monitorano lo sviluppo di competenze e professionalità tra i giovani, indicatori dove la laurea è un elemento fondamentale, mettono però in evidenza un certo gap tra l’Italia ed il resto dell’Unione. Nonostante, infatti, nel 2022, in Italia, abbiamo assistito ad un lieve incremento nella percentuale di giovani adulti che hanno ottenuto un titolo di studio terziario, e nonostante questa percentuale sia salita al 27,4% tra i 30 e i 34 anni e al 29,2% tra i 25 e i 34 anni, questi numeri rimangono significativamente al di sotto degli obiettivi europei, che erano del 40% e del 45%, rispettivamente.
Secondo i dati ISTAT, tra i giovani adulti tra i 25 e i 34 anni, l'Italia si trova notevolmente al di sotto della media europea, che si attesta su valori vicini al 42,0% nell'Unione Europea a 27 stati membri. In confronto ad altri paesi, l'Italia rimane in una posizione svantaggiata, con tassi inferiori rispetto a nazioni come la Francia, la Spagna e la Germania, solo per citarne alcuni.
Questo gap non indifferente ha radici profonde che derivano da una serie di fattori, sia culturali, che economici, che sociali che sono radicati nel nostro paese. Innanzitutto tale distanza può essere attribuita anche alla limitata disponibilità di corsi terziari di ciclo breve professionalizzanti offerti dagli Istituti Tecnici Superiori nel paese. In altri paesi europei, questi istituti forniscono una parte significativa dei titoli terziari ottenuti. Ad esempio, riferendosi alla classe di età tra i 25 e i 34 anni, in Spagna rappresentano quasi un terzo (30,2%) dei titoli terziari conseguiti, mentre in Francia costituiscono un quarto (24,3%). In media, nei 22 paesi europei membri dell'OCSE, rappresentano solo un decimo (10,9%), e nell'insieme dei paesi dell'OCSE, contribuiscono al 16,4% dei titoli terziari.
Un altro problema è rappresentato dal fatto che in Italia, rispetto a molti paesi europei, è molto più costoso studiare perché il rapporto tra salari, borse di studi e costo della vita è notevolmente svantaggioso. Il basso potere d’acquisto e la tassazione elevata sono infatti uno dei tallone di Achille che frenano la nascita di molte eccellenze del nostro paese.
Tale differenza di ripercuote anche sul mondo del lavoro. Secondo sempre i dati dell’ISTAT, il tasso di occupazione dei giovani laureati in Italia resta più basso che nel resto dell’Europa. Nel 2022, tra i 30-34enni, il tasso di occupazione dei laureati è pari all’83,3% contro un valore medio Ue27 dell’89,3%, una differenza di sei punti che scende a quattro punti nella popolazione di 25-64 anni. La quota di occupati tra i diplomati è pari a 71,8% in Italia e a 81,3% nella media Ue, differenza di 9,5 punti che scende a cinque punti tra i 25-64enni.
L'accentuazione del divario tra l'Italia e l'Europa, all'abbassarsi dell'età, è dovuta al fatto che, contrariamente a molti altri paesi europei, in Italia il tasso di occupazione dei diplomati e dei laureati tra i 30 e i 34 anni non supera quello della popolazione tra i 25 e i 64 anni. Questo fenomeno è un segnale della maggiore difficoltà e della lentezza con cui il mercato del lavoro italiano è in grado di assorbire il prezioso capitale umano giovane, capitale umano che spesso si trova costretto ad emigrare all’estero con un conseguente impoverimento strutturale del sistema intero.