I bonus per l’edilizia sono stati gettati in una sorta di “frullatore” di dati e interpretazione di vario genere che, a questo punto, non sembrano aiutare ad avviare un dibattito costruttivo su come proseguire in futuro
Negli ultimi giorni quando si parla di bonus edilizi ci si ritrova stretti tra il dimostrare che gli incentivi per la ristrutturazione del patrimonio edilizio, in particolare il Superecobonus, sono il male assoluto e l’impellenza di trovare soluzioni praticabili alle prescrizioni che tra non molto verranno imposte dalla Direttiva UE EPBD (Energy Performance of Building Directive).
E’ di queste ore il Report Istat sul “Pil e Indebitamento delle Pubbliche Amministrazioni” che dovrebbe chiarire l’impatto della spesa per i bonus per l’edilizia nel periodo 2021-2022 sul bilancio dello Stato. Pur rimarcando che gli ultimi due anni il Paese ha registrato un apprezzabile crescita del Pil, il Report giustamente conferma le comprensibili preoccupazioni del Governo per ciò che concerne la crescita dell’indebitamento netto della PA, pari all’8% del Pil nel 2022. Non si tratta tuttavia di un dato isolato, perché nel 2021 tale rapporto è stato pari al 9% e nel 2020, anche per le ingenti risorse straordinarie messe in campo per fronteggiare la crisi pandemica (e per il marcato rallentamento del Pil), l’indebitamento netto aveva raggiunto il 9,7% del Prodotto Interno Lordo. Il “salto” rispetto al periodo pre-crisi è tuttavia evidente, visto che il deficit nel 2019 era pari all’1,5%.
Dai dati forniti dall’Istat è altrettanto evidente che nel periodo 2020-2022 una significativa e consistente spinta all’incremento delle spese dello Stato, è stata determinata dalle uscite in conto capitale, voce in cui sono inseriti i bonus per l’edilizia; non è dato di capire però quale sia stato l’effettivo contributo all’incremento del deficit dei 110 miliardi di euro di spesa, citati dal Governo, a carico dello Stato per i bonus per ristrutturazioni.
Vale la pena di sottolineare, peraltro, che nel 2021 e nel 2022 gli incrementi delle entrate sono stati maggiori dell’incremento delle uscite. Come conferma il MEF, in tale periodo, il maggiore contributo alla crescita delle entrate è stato dato da maggior gettito derivante dalle dichiarazioni Irpef di lavoratori in ambito privato, dall’Ires e dal gettito IVA. E’ possibile suppore che i lavori legati ai bonus per l’edilizia abbiano almeno in minima parte attenuato l’impatto generato dall’incremento delle spese a carico dello Stato, il che dovrebbe anche far rivedere, almeno in parte, le interpretazioni che in questi giorni attribuiscono ai Superbonus una sorta di effetto “disastroso” sui conti pubblici. D’altra parte, non è un caso che l’Istat confermi che uno dei maggiori contributi alla crescita del valore aggiunto nel 2021 e nel 2022 sia stato attivato dal comparto delle costruzioni (+20,7% nel 2021 e +10,2% nel 2022). Comunque la si pensi nei confronti di tale comparto, i dati mostrano che l’edilizia negli ultimi due anni ha rivestito un discreto ruolo di volano della crescita, con ciò dimostrando che esso non ha fagocitato, come qualcuno vorrebbe sostenere, risorse pubbliche senza restituire nulla in termini moltiplicativi sul resto del sistema economico.
Infine va ricordato che i 110 miliardi di bonus, appostati tra le uscite in conto capitale su 2 anni nel bilancio dello Stato, pur essendo un ammontare molto consistente, è comunque più contenuto di altre uscite correnti come le spese per redditi da lavoro dipendente nella PA, aumentato peraltro del 5,8% nel 2022 rispetto all’anno precedente, o le spese per consumi intermedi delle Pubbliche amministrazioni, che hanno registrato un incremento del 4,5% o la spesa per interessi passivi, con un incremento del 30% nel 2022. Naturalmente chiunque abbia un minimo di senso della realtà si guarda bene dal considerare tali voci di spesa non essenziali per il buon funzionamento dello Stato e per la realizzazione di un processo di modernizzazione del nostro Paese, pur contribuendo tali voci alla formazione di deficit di bilancio e del debito pubblico.
“Preso atto che i più recenti dati di contabilità nazionale – afferma Angelo Perrini, Presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri – confermano un consistente incremento dell’indebitamento netto dello Stato, anche a causa delle ingenti spese per i bonus per l’edilizia, sarebbe auspicabile mettere da parte ogni polemica, condividere le preoccupazioni del Governo e chiedere, però nel contempo, di avviare un programma che chiarisca a quali condizioni il Paese è disposto a ristrutturare e rigenerare il patrimonio edilizio anche rispondendo alle richieste avanzate in sede Europea. E’ arrivato il momento di mettere da parte ogni stima, posizioni contrapposte e polemiche di vario genere in materia di rigenerazione del patrimonio edilizio e di scoprire le carte; le Istituzioni chiariscano se e cosa intendono fare nel medio-lungo periodo, perché, al di là delle opinioni contrastanti, la partita sul risanamento energetico degli edifici chiama in gioco gli interessi stessi del Paese in materia di politica ambientale, di prevenzione del rischio e di corretto utilizzo di risorse energetiche che, come abbiamo constatato negli ultimi mesi, sono ormai da considerarsi risorse scarse”.
“Sui bonus per l’edilizia - afferma Giuseppe Maria Margiotta, Presidente del Centro Studi CNI – in questi due anni si è detto tutto ed il contrario di tutto. Prendiamo atto e condividiamo le preoccupazioni del Governo sull’eccesso di indebitamento determinato dalla spesa per incentivi per l’edilizia, anche se i recenti dati di contabilità nazionale dell’Istat descrivono una situazione tutt’altro che facile da comprendere. Quale sia stato il contributo dei bonus ad un deficit dell’8% è intuibile, ma non è stato esplicitato. I dati, tra l’altro, mostrano che a fronte di una spesa consistente vi è stato un incremento consistente del gettito fiscale che a nostro avviso ha almeno in parte mitigato l’impatto bonus per l’edilizia, la cui efficacia dovrebbe essere misurata non solo in termini di indebitamento netto, ma in termini di risparmio energetico prodotto, di rivalutazione degli immobili, di minore impatto sull’ambiente, di effetti moltiplicativi prodotti sull’economia nazionale, di impatto positivo sull’occupazione. Abbiamo compreso che questi aspetti, al momento, interessano a pochi o forse non interessano a nessuno. Mettiamo da parte ogni polemica e a questo punto capiamo se il Governo e le istituzioni hanno o avranno a breve, sul tema dell’efficientamento energetico, almeno una road map chiara, tecnicamente percorribile, fosse anche quella di porre fine a questa strategia di risanamento energetico degli edifici, perché non c’è cosa peggiore che sprecare preziose risorse pubbliche a causa di incertezza normativa e continui cambi di rotta, come avvenuto negli ultimi due anni”.