Secondo i falchi della BCE, nonostante ci sia stato un rallentamento di quasi 2 punti dell’inflazione, non è ancora il caso di abbassare il costo del denaro. Al World Economic Forum di Davos, dove si riuniscono annualmente i maggiori centri di potere che dettano le linee guida ai governi da seguire, Christine Lagarde ha infatti stabilito che la linea della Banca Europea non cambierà affermando che l’istituto terrà la barra dritta fino a quando non si sarà entrati in un territorio restrittivo abbastanza a lungo per riportare velocemente i prezzi al consumo al 2%. Considerando che l’inflazione è attualmente al 9,2% un cambio di direzione da parte della maggiore istituzione europea sembra molto lontano all’orizzonte.

Il costo del denaro così alto, unito a una elevata inflazione, è una vera e propria tassa aggiuntiva, non solo per le famiglie, ma soprattutto per le piccole e medie imprese che sono il traino economico della economia italiana. Neanche le borse europee sembrano comunque avere gradito queste affermazioni, infatti ieri si sono registrati il -1,75% Milano, e il -1,5% di quasi tutte le borse europee, anche lo spread, indicatore paladino dei fanatici del rigore, è salito fino 177 punti.

L’atmosfera attorno all’Europa è stata anche resa tetra dalle parole del governatore della banca centrale olandese che ha affermato che l’inflazione nell'eurozona non ha ancora cambiato rotta, e questo significa che gli sviluppi del mercato non possono essere previsti. L’utilizzo di previsioni fosche, che sono sempre funzionali a stati come l’Olanda che predicano rigore ma sono di fatto dei paradisi fiscali, può inoltre portare al rischio di innescare una recessione severa, recessione che sembra essere scongiurata dalla stessa Lagarde che ha affermato che il 2023 non sarà tanto terribile come si pensava.

Le difficoltà di superare il 2023 con pochi danni si preannuncia, insomma, più ardua del previsto per le imprese italiane, infatti gli scenari globali sono meno rassicuranti di quelli europei. Negli Usa, dove il Tesoro sta ricorrendo a misure straordinarie per non superare il tetto del debito (fissato a 31.400 miliardi di dollari nel 2021), la tenuta economica generale non sembra così solida. La Cina non cresce più come fino a qualche anno fa mettendo anche in discussione alcuni accordi commerciali importati per la tenuta economica mondiale e, infine, la politica guerrafondaia della Nato e dell’Unione Europea mira a una guerra lunga che terrà per un bel po' alti i prezzi delle materie prime.