Nel 2007 le donne iscritte all’Albo ingegneri erano il 9,1%, attualmente rappresentano il 16,9%, pari a 42.200 su un totale di oltre 240.000 iscritti. Agli inizi degli anni 2000 le laureate in ingegneria erano il 20% del totale, mentre nel 2021 raggiungono il 26,7%, considerando sia le lauree di primo livello che le magistrali e in queste ultime, le donne laureate nel 2021 hanno raggiunto il 31%.
Tuttavia, questo progresso e questa spinta in avanti, anche in ambito tecnico, nascondono ancora un’intrinseca debolezza del mercato del lavoro che non riesce a collocare nella giusta misura le donne, oggi come nel passato. Che i differenti contesti lavorativi siano ben lontani dal rispettare un principio di equità e, ancor più, l’eguaglianza delle opportunità è evidente e basta solo osservare il divario retributivo di genere che persiste in ogni settore produttivo e ad ogni livello nei percorsi di carriera, non solo in Italia.
Secondo Eurostat, nel lavoro dipendente in Italia, mediamente una donna percepisce un salario più basso del 4% rispetto agli uomini, ma il differenziale anziché diminuire aumenta al crescere delle competenze e del grado di istruzione acquisito. Se ad esempio si prende in considerazione il comparto dei servizi tecnico-scientifici, nei quali operano anche gli ingegneri, il differenziale salariale raggiunge il 26%.
Non è possibile attribuire almeno una parte delle differenze salariali al fatto che gli uomini accedono agli studi universitari in misura maggiore delle donne e quindi sono per questo più qualificati per ricoprire posizioni apicali. In Italia è l’esatto contrario, visto che nella popolazione tra i 25 ed i 64 anni, il 23% delle donne è in possesso di laurea a fronte del 17% degli uomini (se si restringe il campo alla popolazione attualmente più giovane, il distacco delle donne rispetto agli uomini è ancora più ampio). Non solo: il 57% di chi si è laureato nel 2021 è donna.
Tra non molto non dovremo neanche più nasconderci dietro il racconto che poche donne affrontano studi tecnico-scientifici, per cui l’offerta di lavoro può rivolgersi solo agli uomini. In Italia attualmente la percentuale di donne tra i 25 e i 30 anni con laurea in discipline STEM è pari al 16,5% delle donne con diploma di laurea; nel complesso dell’area Ocse tale percentuale scende al 12,5%. Sebbene siano in maggioranza gli uomini a laurearsi in discipline STEM, siamo tra i Paesi industrializzati che inizia ad avere una tra le quote più elevate di donne con laurea in ambito tecnico-scientifico ed a questo sta contribuendo non solo l’incremento di donne che si laureano in matematica e statistica ma anche quelle che si laureano in Ingegneria.
Nell’ambito della libera professione e, quindi, del lavoro autonomo i divari salariali assumono caratteri critici. Tra i liberi professionisti iscritti alle casse professionali private, secondo i dati Adepp, nel 2021 il differenziale salariale ha raggiunto il 45%. D’altra parte gli ultimi dati di Inarcassa indicano che una donna ingegnere che opera nella libera professione percepisce un reddito annuo mediamente inferiore del 47% rispetto a quello degli uomini. A parità di età, esperienza e competenza, una donna in ambito tecnico guadagna considerevolmente meno rispetto agli uomini anche e soprattutto perché se nel lavoro dipendente la conciliazione dei tempi lavorofamiglia è difficoltosa, nel lavoro autonomo può essere a volte impossibile.
“L’8 marzo – afferma Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI – è l’occasione per ricordare a noi tutti l’apporto determinate dato dalle donne al mercato del lavoro ed alla crescita di ogni comparto produttivo. L’ingegneria vive una fase di crescita proprio perché negli ultimi 15 anni abbiamo assistito ad una progressiva presenza di donne nel settore. Da uno sparuto gruppo che, ancora negli anni 90 affrontava gli studi di ingegneria, oggi le donne che conseguono la laurea sono più del 30%. Lo stesso progresso registriamo nella dinamica di iscrizione all’Albo degli ingegneri: tra il 2016 ed il 2023 l’incremento delle iscritte è stato pari al 23%. Abbiamo ormai più donne laureate rispetto agli uomini, un sensibile progresso della presenza di donne con laurea in ambito STEM, ma percorsi di carriera differenziati e soprattutto divari retributivi. È necessario, pertanto, valorizzare ancora di più la competenza e le capacità delle nostre iscritte, per questo sono indispensabili misure di welfare più incisive; in particolare, strumenti di facile accesso per le famiglie relativamente alla conciliazione dei tempi di lavoro. Dovremmo ricordarci di riflettere e agire a favore di migliori condizioni di lavoro delle donne non solo l’8 marzo, ma tutti i giorni”.
“Nell’ambito dell’ingegneria – dice Ippolita Chiarolini, Consigliere del CNI – come in molti altri settori, aumenta la presenza delle donne. Le donne in Italia si laureano mediamente prima ed entrano nel mercato del lavoro prima, ma sia nelle posizioni di base che ai vertici il trattamento salariale è mediamente inferiore a quello registrato per i colleghi uomini. È noto che le aziende che scelgono una governance con donne e uomini sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi, e i conseguenti risultati migliorano. La promozione della diversità di genere e la premialità secondo criteri di trasparenza e flessibilità sui luoghi di lavoro sono, quindi, le azioni positive da intraprendere. Tra il 2016 ed il 2023 il numero di iscritte all’Albo degli ingegneri è aumentato del 26%, quello degli uomini è cresciuto dell’1%. Dietro questo fenomeno, ci potrebbe essere la spinta di molte donne a vedere la libera professione non come una libera scelta, ma come la strada che consente maggiore flessibilità”.