Nel mese di luglio 2021 la Commissione europea aveva presentato una comunicazione con gli aggiornamenti delle raccomandazioni del 2017 sulla riforma della regolamentazione negli Stati membri di sette professioni, tra le quali quella di “ingegnere civile”. Le raccomandazioni formulate sulla professione di “ingegnere civile” in Italia erano: riesaminare l’impatto delle restrizioni relative alle attività riservate; rivedere il requisito secondo cui il numero dei soci professionisti e la loro partecipazione al capitale sociale devono costituire una maggioranza dei due terzi. La Commissione ha segnalato, inoltre, che l’Italia “non ha apportato alcuna riforma in merito alle linee di azione individuate nel piano di riforma nazionale delle professioni regolamentate elaborato in applicazione dell’art. 59 delle direttiva 2005/36/CE modificata” tra le quali, in particolare, quella relativa alla “revisione dei percorsi formativi di alcune professioni tecniche (ingegneri, architetto, geometra, perito industriale e perito agrario) per meglio delineane gli ambiti di attività e le competenze” e il corrispondente “adeguamento degli esami di Stato”.
In seguito ad una richiesta del Dipartimento per le Politiche europee, lo scorso 17 gennaio il CNI ha provveduto ad inviare una prima nota con la quale ha evidenziato quanto segue:
- Con la Legge 8 novembre 2021, n. 163 (Disposizione in materia di titoli universitari abilitanti), l’assetto dei percorsi formativi di talune professioni regolamentate è stato radicalmente innovato prevedendo l’introduzione esplicita delle cosiddette lauree abilitanti per le professioni tecniche di geometra, agrotecnico, perito agrario e perito industriale. L’art. 4 della legge in questione prevede inoltre la possibilità di rendere abilitanti ulteriori titoli universitari. Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri si è formalmente espresso per includere tra essi quelli che consentono l’accesso alla professione di ingegnere civile ed ambientale.
- Se da un lato è vero che il modello delle STP (ai sensi dell’art. 10, co. 4, L. 83/2011) prevede come requisito che i soci professionisti debbano rappresentare almeno i due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto rispetto ad eventuali soci non professionisti, è altrettanto vero che gli ingegneri civili ed ambientali possono svolgere attività professionale anche per il tramite del modello della “società di ingegneria” (SDI) di cui agli artt. 46, co. 1, lett, c), e 24, co. 5, del D.Lgs. 50/2016, che non prevede limitazioni all’apporto di capitale da parte di soci non professionisti.
In occasione di un incontro organizzato dal Dipartimento per le Politiche europee lo scorso 23 febbraio, sono state avanzate ulteriori osservazioni e richieste di chiarimento in merito ai contenuti specifici della Comunicazione della Commissione, che sono stati formalizzati con una nota del 14 aprile. Una prima richiesta di chiarimento è relativa alla scelta operata dalla Commissione nella rappresentazione grafica dell’indicatore relativo agli ostacoli di mercato nell’Unione e dell’indicatore del carattere restrittivo della regolamentazione delle diverse professioni. In entrambi i casi la rappresentazione non risulta corretta in quanto non rispondente all’effettiva estensione della scala di misura dell’indicatore utilizzato. In sintesi, la scelta operata dalla Commissione risulta distorsiva della reale intensità della regolamentazione della professione di ingegnere civile e ambientale e delle altre professioni considerate.
Altre osservazioni sono state espresse sull’indicatore del carattere restrittivo per la regolamentazione dei servizi professionali sviluppato dalla Commissione. In particolare il CNI ha rilevato come tale indicatore:
- non contemperi “le barriere di natura non regolamentare” allo svolgimento delle diverse professioni. L’adozione di tale indicatore ha perciò come conseguenza quello di penalizzare paesi come l’Italia che ricorrono alla “regolamentazione” della professione di ingegnere civile per garantire la qualità delle prestazioni professionali e conseguire obiettivi di salvaguardia dell’interesse generale;
- si fondi sulle informazioni fornite dai singoli Stati membri, con la conseguenza che nel caso in cui determinati paesi forniscano indicazioni parziali o non aggiornate, possa risultare distorto il quadro complessivo della regolamentazione della professione considerata;
- non sia possibile procedere ad una puntuale verifica della correttezza delle informazioni acquisite e dei punteggi attribuiti per ciò che attiene alla regolamentazione della professione di Ingegnere civile in Italia e negli altri Stati membri, in quanto non è risultata reperibile e consultabile la base dati sui quali tali punteggi si fondano.
Il CNI si augura che le richieste avanzate siano evase nel più breve tempo possibile.