Secondo il rapporto annuale dell’ISTAT sullo stato generale del paese, a partire dalla prima parte del 2022, la crescita dell’economia italiana ha subito un brusco rallentamento, rallentamento dovuto alle decisioni dell’Unione Europea sulle sanzioni alla Russia.
Il quadro internazionale ha infatti reso vano quel piccolo miracolo economico del nostro paese che, in meno di due anni, tra la metà del 2020 e l’inizio del 2022, aveva portato italiana a recuperare, con ottime performance, per intero la disastrosa caduta del Pil innescata dalle misure politiche restrittive messe in campo per fronteggiare la crisi pandemica da COVID-19.
Infatti, nel 2021, grazie a un rinnovato dinamismo economico soprattutto per quanto ha riguardato i mesi centrali dell’anno, l’economia italiana ha fatto segnare indici di crescita del 6,6%, indici che sono stati più alti rispetto alla media dell’area euro. A partire da Marzo 2022, a seguito delle decisioni che hanno portato l’Unione Europea a isolarsi commercialmente rispetto a un partner importante come la Russia, ogni indice di crescita è stato azzerato, portando il PIL italiano a crescere nel primo trimestre del 2022 di un misero 0,1% con lo spettro della recessione all’orizzonte.
Nonostante questa timida crescita in alcuni settori sono continuati gli investimenti, investimenti che sono stati trainati dai bonus edilizi che hanno fatto mantenere alta, sia la domanda di tutto il settore, che l’offerta che è stata invece trainata dalle agevolazioni fiscali, dal recupero delle attività professionali e dei servizi di supporto alle imprese.
Le attività economiche legate ai settori dell’industria e del commercio hanno invece segnato una battuta d’arresto, così come i consumi che sono, a causa delle turbolenze legate all’inflazione sostenuta, in caduta.
I dati però mettono anche in luce qualche aspetto positivo, infatti, al netto degli effetti di calendario, la crescita già acquisita dal nostro paese per quest’anno è attualmente del 2,6 per cento ed è superiore rispetto a Francia e Germania (rispettivamente l’1,9 e l’1,3 per cento).
Per quanto riguarda il commercio con l’estero, nonostante i numeri molto positivi del 2021, già dalla seconda parte dello scorso anno l’incremento dei prezzi delle materie prime e segnatamente dell’energia, incremento che è stato causato dalla contrazione della domanda a causa delle restrizioni, ha portato a un veloce crollo dei saldi commerciali che sono divenuti in poco tempo negativi.
Relativamente al debito pubblico, dopo l’eccezionale crescita del deficit e del debito del 2020, che sommava gli effetti dello squilibrio di bilancio e della caduta del Pil, nel 2021 il quadro di finanza pubblica ha segnato un sostanziale miglioramento. Nonostante il disavanzo sia rimasto ancora al 7,2 per cento del Pil, il forte rimbalzo dell’attività ha consentito di ridurre il rapporto tra debito e Pil di 4,5 punti percentuali: il dato si attesta intorno al 150,8 per cento, con un calo più ampio di quello previsto nei documenti programmatici.