Il 30 novembre 2021 l’Enea ha comunicato che gli impegni di spesa per Superecobonus con detrazioni fiscali fino al 110% si sono attestati a 11,9 miliardi di euro: quasi il 70% della spesa riguarda lavori conclusi. Nelle pieghe dei numeri vi sono diversi fenomeni positivi da mettere in evidenza e poche criticità, sebbene di peso.
La richiesta di lavori con Superbonus ha registrato negli ultimi mesi una costante accelerazione: il segno che nonostante la complessità delle norme e delle procedure di accesso, l’incentivo attrae molti proprietari di abitazioni. Si è innescato un insperato piano di riqualificazione energetica degli edifici che consente al Paese di partecipare a quel processo di “cura” dell’ambiente, di riduzione di immissione nocive e di rigenerazione urbana invocato ormai a livello internazionale.
Il 70% della spesa contabilizzata riguarda lavori ormai conclusi. Si tratta di una percentuale elevata che, almeno formalmente, testimonia di lavori svolti in modo efficiente evitando il fenomeno di cantieri iniziati e mai portati a termine. Certo, è avvilente sapere che l’Agenzia delle Entrate ha individuato nell’ambito di tali incentivi frodi per quasi 1 miliardo di euro prevalentemente connessi alla fase di cessione del credito. Per il momento, tuttavia, dobbiamo pensare che, seppure grave, si tratti di un fenomeno minoritario, che non può mettere in discussione il valore strategico di questi incentivi.
Quasi metà degli investimenti finora realizzati (49,7% degli impegni di spesa) riguardano gli edifici in condominio. Si è recuperato, pertanto, quel ritardo registrato nei primi 4/5 mesi dell’anno, che vedeva proprio gli edifici di maggiori dimensioni incontrare notevoli difficoltà ad accedere ai lavori incentivati.
Il 51% degli edifici sottoposti a Superecobonus sono unifamiliari ed hanno assorbito il 32% degli impegni di spesa finora contabilizzati, quindi una quota molto consistente, pari 3,7 miliardi di euro. La domanda di interventi di risanamento per questa tipologia di edificio è elevata e si potrebbe mantenersi tale se il Governo non avesse posto il vincolo per cui solo i proprietari con Isee fino a 25.000 potranno beneficiare dell’incentivo, solo fino al 2022.
Occorre inoltre ammettere che il Governo Draghi ha mostrato lungimiranza nel proporre, attraverso il Disegno di Legge di Bilancio 2022, che i Superbonus vengano prorogati fino al 2023 con detrazioni fino al 110% e poi con un ridimensionamento delle percentuali di detrazione nel 2024 e 2025. Si è dato agli incentivi un orizzonte lungo, necessario per porre le fondamenta ad un processo di risanamento del patrimonio edilizio nel segno della sostenibilità ambientale.
A fronte di questo quadro espansivo e in forte movimento non mancano le criticità. La prima è rappresentata dalle norme previste dal Dl 157/21 cosiddetto antifrodi, predisposto di recente dal Governo per contrastare l’uso improprio degli incentivi per l’edilizia, con particolare riguardo alle procedure di cessione del credito agli istituti bancari. Il decreto prevede l’obbligo del visto di conformità dei preventivi di spesa da parte di un professionista, anche nel caso in cui si voglia fruire direttamente della detrazione nella dichiarazione dei redditi. Si prevede inoltre la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di sospendere le comunicazioni di cessione del credito, per un periodo non superiore ai 30 giorni, per effettuare opportune verifiche.
Un secondo aspetto critico di rilievo è rappresentato dalla decisione del Governo di limitare l’uso dei Superbonus 110% applicato agli edifici unifamiliari solo ai proprietari con Isee fino a 25.000 euro l’anno e solo fino al 2022.
Si tratta, in entrambi i casi, dell’ennesimo cambio in corso d’opera di norme già di per sé complicate, aggiungendo limitazioni, caveat e procedure di controllo che rendono se non difficile quanto meno incerta l’applicazione delle regole stesse. Con le nuove norme antifrode si rischia di creare inutili fasi di stallo, mentre la forte limitazione dei Superbonus agli edifici unifamiliari rischia di rendere monco il processo di risanamento estensivo degli edifici e di rigenerazione urbana appena iniziati.
Gli 11,9 miliardi di spesa, attivati in larga parte tra aprile e novembre 2021, quindi in un arco temporale molto breve, hanno innescato effetti moltiplicativi che sono sotto gli occhi di tutti. Il primo indicatore è la difficoltà di trovare imprese edili, manodopera e professionisti che possano a breve impegnarsi ad avviare nuovi cantieri.
Sulla base di questi dati, il Centro Studi CNI conferma che a fine anno gli impegni di spesa per Superbonus difficilmente potranno essere inferiori a 13 miliardi di euro; anzi, a questo punto, si è più propensi a ritenere che si potranno raggiungere i 14 miliardi di euro. Qualunque sia la cifra, è opportuno tenere conto che livelli così elevati di spesa, concentrati in un arco temporale breve, non possono che aver determinato un effetto shock, innescando verosimilmente moltiplicativi, e quindi di crescita, sulle principali grandezze economiche. La filiera dell’edilizia è infatti fortemente connessa a molteplici settori produttivi oltre ad essere un comparto ad elevata intensità di lavoro. Una massa consistente di investimenti immessi nel settore delle costruzioni genera rilevanti incrementi di produzione nell’indotto e nei comparti connessi all’indotto, un effetto indiretto di incremento di consumi finali e l’attivazione di occupazione diretta e indiretta.
Quale potrebbe essere l’impatto di un investimento così consistente in opere con Superbonus nel 2021? Pur utilizzando parametri improntati alla prudenza e considerando una spesa (sempre per prudenza) di poco superiore a 13 miliardi di euro, l’ordine di grandezza dell’”effetto crescita” sarebbe il seguente secondo le stime elaborate dal Centro Studi CNI:
• 28 miliardi di euro di produzione attivata, di cui circa 19 miliardi di euro di produzione diretta e dell’indotto più vicino al comparto delle costruzioni;
• 17,6 miliardi di euro di contributo alla formazione del Pil;
• circa 220.000 unità di lavoro attivate, di cui almeno 140.000 occupati diretti.
In sostanza 13 miliardi di euro in Superbonus, attivano più del doppio in termini di produzione e contribuiscono alla formazione del Pil per quasi una volta e mezza il proprio valore. Il disavanzo pubblico (ovvero la differenza tra che lo Stato spende per finanziare tali incentivi ed il gettito fiscale acquisito dai lavori connessi ai Superbonus) generato nel 2021 da tale spesa viene stimato in 9 miliardi di euro, peraltro non tutti imputabili al 2021 e comunque inferiori sia al valore aggiunto generato dalla spesa per Superbonus che dal Pil generato. Se questi livelli di spesa dovessero proseguire anche nei prossimi anni, il disavanzo, le cui quote vengono comunque diluite in cinque anni, crescerebbe consistentemente, ma ad un livello tale che almeno nel breve e medio periodo resterebbe comunque sostenibile.
Per questi motivi è auspicabile che il quadro normativo e procedurale per le ristrutturazioni con Superbonus da questo momento in poi restino stabili nel tempo. Occorre essere consapevoli che lo Stato sta effettuando un grande investimento in termini di risanamento ed efficientamento energetico del patrimonio edilizio residenziale, per questo è necessario che tutti operino da un lato in un quadro di norme chiare e certe e dall’altro con un senso di assoluto rispetto delle regole. Dietro i Superbonus vi è infatti una partita che coinvolge le Istituzioni, le imprese e i professionisti, una partita per l’ambiente che può essere vinta solo con spirito di collaborazione.