Stando al report della Associazione degli Artigiani e delle Piccole imprese di Mestre, negli ultimi 20 mesi, la crisi occupazionale provocata dalle restrizioni messe in atto per fermare la pandemia ha colpito tutti i settori produttivi ma a farne le spese, è stato quel mondo degli autonomi e delle partite IVA che storicamente rappresenta uno dei punti di forza trainanti dell’economia italiana. Secondo gli ultimi dati dell’ISTAT (Settembre 2021) gli autonomi, gli artigiani e i professionisti sono crollati di 327.000 unità con un calo percentuale quantificabile intorno al 6,3%.
Crescono invece i lavoratori dipendenti il cui saldo è in aumento grazie anche alle assunzioni a tempo determinato, ma, sebbene lo stock complessivo degli impiegati e degli operai presenti in Italia sia salito di 13 mila unità +0,1%, complessivamente, il saldo occupazionale tra febbraio 2020 e lo scorso mese di settembre rimane ancora negativo.
Una chiave di lettura incrociata di questi dati, mette in evidenza come l’aumento degli impiegati e il relativo calo degli autonomi, potrebbe essere determinato dal fatto che molti professionisti hanno chiuso la loro attività professionale per tornare nel mondo del lavoro da dipendenti, mettendo al servizio delle PA o delle imprese private la grande esperienza accumulata sul campo, ma l’emorragia delle partite Iva comunque resta e non può essere ignorata.
In generale alcuni settori più di tutti stanno pagando un sistema emergenziale e di chiusure a cui, anche per interessi e veti di potere, il nostro paese non vuole rinunciare. Luoghi come le filiere artigiane, che dipendono dalle città d’arte come Venezia o Firenze, hanno visto crollare i loro introiti mediamente del 60/70% per colpa del tracollo generale del settore del turismo. In generale tutti i settori del terziario, dell’artigianato di qualità e delle botteghe hanno subito perdite e chiusure vere e proprie, a cui, per evitare anche una crisi incalcolabile nella coesione sociale, bisognerà trovare rimedio. Alcune imprese come il tessile, abbigliamento e calzature, sono state anche schiacciate da competitor digitali e piattaforme di ecommerce molto aggressive a cui le misure restrittive, e una tassazione di comodo, hanno dato una grande mano.
Non è servito neanche, stando al report della Cgia, tentare una riapertura delle attività più colpite dai Lockdown, perché, i professionisti e soprattutto gli investitori ad esse collegate spesso si tirano indietro per la paura di nuove chiusure che, oramai, nessuno può più permettersi. L’unico settore trainante della economia italiana, resta, al momento quello del settore edilizio il cui grande apporto del Bonus 110%, del Sismabonus e del Bonus facciate sembra aver dato nuova linfa vitale, oltre ad aver messo in moto anche una serie di attività di raccordo che stanno, per il momento, rendendo il tracollo economico delle Partite IVA e dei Professionisti un po' meno grave.
Le restrizioni sono andate, inoltre, ad aggravare alcuni problemi storici della piccola e medio impresa italiana, problemi rappresentati storicamente da una tassazione eccessiva e da una burocratizzazione estrema che, spesso, fanno desistere molti potenziali professionisti autonomi dalla voglia di mettersi in gioco, preferendo, magari, impieghi meno remunerativi ma meno rischiosi. Contrariamente alle crisi del passato, la crisi delle partite IVA non dipende esclusivamente da variabili esogene e può essere fermata, patto che si abbia il coraggio di lasciarsi, finalmente, alle spalle un sistema emergenziale a colori che non è più economicamente sostenibile.